Fra Dolcino, storia di un pio dissidente
Ogni anno in settembre a Bielmonte si celebra la festa in suo ricordo
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La data di nascita di Dolcino
da Novara, detto fra Dolcino, è sconosciuta, così come il luogo
esatto in cui nacque il fondatore del movimento dei dolciniani. Perfino sul
nome Davide Tornielli, attribuitogli da alcune fonti, esistono molte
incertezze. Per convenzione, è stabilito che fra Dolcino nacque a Prato Sesia, e
le fonti più accreditate ne collocano i natali nell’alto Novarese.
L’intera vita di Dolcino resta
avvolta nel mistero, tanto che, a essere pignoli, non lo si potrebbe neanche
definire frate, poiché non si ha alcuna certezza del fatto che egli abbia
realmente pronunciato i voti. Fu lo stesso Dolcino a definirsi “fratello”,
senza che ciò avesse per forza ulteriori implicazioni al di fuori del contesto –
eretico, secondo la Chiesa cattolica – all’interno del quale il religioso predicava
il proprio credo.
L’uomo di cui ogni anno a settembre a
Bielmonte si celebra la festa, salendo in corteo da Margosio
al Cippo di fra Dolcino per l’assemblea annuale del Centro Studi
Dolciniani, entrò a far parte, nel 1291, del Movimento degli Apostoli,
guidato da Gherardo Segalelli (il quale verrà poi messo al rogo il 18 luglio
1300), i cui adepti conducevano una vita all’insegna della privazione e della
preghiera: fonti di reddito erano il lavoro o l’elemosina. Soprattutto, nel
Movimento non vigeva l’obbligo del celibato. I seguaci, al momento dell’accoglienza
all’interno dell’ordine, dovevano mostrarsi nudi di fronte a Dio (e al
pubblico). Punti nodali del loro credo erano il diritto laico alla
predicazione, il dovere di disobbedire finanche al papa, qualora questi non
avesse operato secondo i precetti evangelici, la necessità di vivere con poco o
niente. Era loro ferma convinzione, peraltro, che la Chiesa dovesse subire a
breve, a causa della corruzione in cui versava, il castigo celeste.
Un'immagine di Dolcino da Novara
Le convinzioni di fra Dolcino, motivo
di forte opposizione da parte di Roma, si basavano sulla suddivisione in
quattro epoche della storia ecclesiastica: secondo Dolcino, si era prossimi
alla quarta, durante la quale l’ordine e la pace sarebbero stati ristabiliti.
La fine dei giorni, diceva fra Dolcino, sarebbe arrivata presto.
La sua predicazione si svolse principalmente
intorno al lago di Garda.
Nei pressi di Trento, nell’anno 1303, conobbe Margherita
Boninsegna, che divenne sua compagna di vita e di predicazione. Il numero
degli apostoli, all’interno del movimento, ricominciò a crescere. Questo,
insieme al resto, contribuì ad attirare le ire di Roma e di papa Bonifacio VIII,
di cui Dolcino profetizzava la scomparsa a breve.
I pellegrinaggi lo portarono,
con i suoi seguaci, nel Vercellese e in Valsesia, dove
ricevettero grande accoglienza. Pare che fu questo entusiasmo a convincerlo a
occupare militarmente la Valsesia, avvalendosi dell’appoggio armato di Matteo
Visconti e facendone luogo per la messa in pratica dei propri precetti.
Il 10 marzo 1306, i seguaci di
fra Dolcino si recarono sul Monte Rubello, a Trivero, poco
distante dal Bocchetto Sessera, aspettando che le profezie dolciniane si
avverassero. Questo – purtroppo o per fortuna – non accadde, ma contro di loro
nacque una vera e propria crociata promossa dal vescovo di Vercelli, Raniero
degli Avogadro, il quale cooptò anche le milizie del Novarese. Gli abitanti,
scossi dalle pressioni che ricevevano dalla Chiesa, vessati, minacciati,
razziati dei loro beni, smisero di fornire a Dolcino sostegno e protezione.
Gli
adepti vennero catturati nella Settimana Santa del 1307, e quasi tutti furono
condannati a morte. Fra Dolcino, anch’egli condannato a morte, fu giustiziato
pubblicamente il primo giugno di quello stesso anno dopo che ebbe assistito
al rogo della sua amata Margherita, arsa viva insieme con il suo luogotenente
Longino da Bergamo sulle rive del torrente Cervo. Secondo Benvenuto da
Imola, Dolcino fu condotto su un carro per le strade di Vercelli, dove fu
torturato con tenaglie arroventate. Infine, fu issato sul rogo e arso di fronte
alla Basilica di Sant'Andrea.
Il Cippo di fra Dolcino
Sul Monte Rubello, in occasione
del sesto centenario della morte di fra Dolcino, nel 1907, fu inaugurato un obelisco
alla cui realizzazione contribuirono le associazioni biellesi di ispirazione
laica e socialista. L'obelisco fu abbattuto in epoca fascista, e sostituito,
nel 1974, da un cippo di pietra.
All’apice della sua espansione,
il movimento di fra Dolcino contava fra i cinquemila e i diecimila adepti.
Sebbene la stima possa risultare molto approssimativa, il numero degli aderenti
era comunque molto elevato (la città di Novara contava ai tempi cinquemila
abitanti). Le fortificazioni erette dai dolciniani – anche detti “gazzari”
– sono recentemente tornate alla luce grazie agli scavi archeologici.
Per approfondire la conoscenza di
storica di fra Dolcino e del suo movimento, non c’è occasione migliore della festa
che ogni anno il Centro Studi Dolciniani organizza con pranzo in alpeggio, musica e danze dell’antica
tradizione.
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