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Le piante da mettere nel piatto, i consigli della "signora delle erbe"

Acetosa, barba di capra, ortica: come riconoscerle e come cucinarle

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di Mina Novello, esperta di cucina tradizionale biellese

Raccogliere le erbe spontanee per poi cercare la ricetta più adatta per cucinarla è un’attività divertente, da fare anche con i bambini. Chi non risiede in Piemonte non ha ancora la possibilità di mettere in pratica quest’attività. Ma, in attesa, di potersi muovere liberamente può imparare a distinguere i vari tipi di piante seguendo i consigli di Mina Novello, esperta di ricette della tradizione biellese e “signora delle erbe”, in grado di riconoscere ognuna delle 40 erbe spontanee presenti all’Oasi Zegna e a impiegarla nella ricetta più adatta. 


Ecco cosa dice l’esperta.


“Nei prati dell'Oasi Zegna e nelle radure boscose, in pendii soleggiati e in conche umide, si possono facilmente reperire in questa stagione almeno una quindicina di specie erbacee spontanee utilizzabili in cucina (non considerando quelle che trovano esclusivo impiego aromatico, come il timo, la menta acquatica, ecc.), alcune delle quali sono ingredienti importanti per piatti tradizionali della gastronomia biellese. 


Molte di esse vengono impiegate in mesticanze cotte, come verdura per accompagnare piatti di uova, carne o salumi o per comporre saporite minestre; in questa mescolanza, genericamente definita erbëtte o erbi non prevale il gusto di qualcuna in particolare e il sapore marcato di una è stemperato dal dolce di quell’altra ed equilibrato dall’amaro di un’altra ancora: raccogliendo ortica, acetosa, bistorta, spinacio selvatico e raponzolo (ma l’elenco potrebbe continuare ancora) e cucinandole insieme si ottiene un’amalgama di sapori e profumi che nessuna verdura dell’orto riesce a imitare.  


Non si trascuri di aggiungere all'insieme qualche cimetta di alchemilla conosciuta come erba ventaglina per la particolare pieghettatura a ventaglio delle foglie tondeggianti e anche con il poetico nome locale di erba dla rusà, in quanto le goccioline di rugiada si posano come perle sul bordo di ogni foglia. Le erbette miste sono la base anche per la süpa mitunà, le frittate primaverili, i friciulin, e ripieni variegati con cui imbottire ravioli, fette di carne o foglie di bieta ai quali apportano gusto e morbidezza. 

Molte poi hanno una tale dignità di sapore da poter essere utilizzate da sole per comporre piatti che meritano di non essere dimenticati. L’acetosa (Rumex acetosa), conosciuta come erba brüsca che ha la caratterista di rispuntare tenera dopo ogni sfalcioè l’ingrediente  di una particolare fonduta a base di maccagno che si serve con la polenta; la barba di capra (Aruncus dioicus)  molto diffusa nelle vallette ombrose specie nella zona di Bocchetto Sessera e molto ricercata ha germogli rossicci che si lessano e si condiscono con olio, aceto e uova sode. E’ una delle innumerevoli specie che il lessico popolare raggruppa nel termine riduttivo di  spars salvej (asparagi selvatici) pur non avendo con l’asparago né somiglianza né affinità botanica.  

Nei prati si trova facilmente la bistorta (Polygonum  bistorta) - in dialatto lengue, lingue - le cui foglie tenere e gustose si raccolgono prima della fioritura e sono  cucinate come gli spinaci;  il crescione (Nasturtium officinale) che abbonda nei numerosi piccoli corsi d'acqua è ingrediente di prelibate insalate primaverili, condite di regola con olio di noci, peculiarità del territorio. 

Nei macereti e nelle vicinanze delle baite si raccoglie il crespino (Sonchus oleraceus), craspìn, laciantìn, di cui si consumano sia le foglie sia i germogli florali, lessati e ripassarti in padella con burro e aglio, alla stessa maniera è cucinata la lassana (Lapsana communis) detta galiñe grasse o galinëtte; con entrambi si preparano delicate minestre di riso, squisite frittate nonché ottimi contorni per le uova al tegamino cosi come si fa con la riundela (Malva neglecta) considerata da sempre un’erba dalle molte virtù che trova in cucina un posto di prim’ordine come ingrediente, insieme con latte e  riso, di una delicata, notissima minestra (ris e riundele).  

Riso e latte anche per la minestra di ortiche – erba di borgnu, erba dei ciechi poiché si riconosce anche senza vederla – ma ortiche pure per frittate, contorni e, per gli alpigiani che trascorrevano l’estate in Valsessera, per una insalata dove le foglie crude triturate si mescolavano con panna, sale e aceto.  

Tra le erbe più dolci e tenere e pertanto più pregiate vanno annoverati i raponzoli (Phyteuma sp. plurimae) cioè i masuchët o ajucchi o erbëtte, di cui si consumano anche le radici carnose  dal delicato sapore di nocciola, ma soprattutto le foglie per la preparazione di minestre e zuppe quali la già citata mitunà, e gli steli florali non ancora sbocciati,  legati a mazzo, lessati e cucinati alla stregua degli asparagi con i quali competono per delicatezza di sapore, l’acqua di cottura è conservata per la preparazione della pulenta grisa, una pulenta cunscia specialee, se possibileanche più gustosa. 

Vicino alle baite e nei prati ben concimati cresce rigoglioso lo squisito barcùi, lo spinacio di monte (Chenopodium bonus-enricus) le cui foglie sono caratteristiche per avere nella pagina inferiore una granella tangibile, quasi una farina grossolana che rimane attaccata alle dita quando lo si raccoglie. I barcùi sono cucinati in minestra, nel risotto, come contorno, in frittate e nella pulenta grisa.   

Circoscritto all’ambiente della Alta Valle Sessera è l’utilizzo dell’erba mutuliña (Ligusticum mutellina), aromatica pianticella che vive nelle vallette nivali, raccolta dai malgari per farne profumati risotti, mentre è tipico anche di altre zone del Biellese l’impiego delle sommità fiorite dellerba dal büru (Trifolium alpinum): basta una manciata di fiori globosi per conferire alla vivanda lo stesso profumo del burro è così che si prepara la più singolare e sorprendente  delle minestre al latte”. 

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