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Intervista all'artista Laura Pugno: "Nelle mie opere l'equilibrio spezzato tra uomo e natura"

Fading Loss|Cronache dal Bosco è il titolo della mostra che resta allestita fino a fine ottobre a Casa Zegna. L'artista racconta la genesi delle sue installazioni

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Un bosco di abeti rossi che soffre perché minacciato da un parassita, un coleottero chiamato bostrico tipografo. L’equilibrio tra uomo e natura che va ristabilito e che diventa paradigma per ragionare di un tema che travalica i confini dell’Oasi Zegna e si allarga all’intero Pianeta, alle prese con le conseguenze dei cambiamenti climatici. 

L’opera Fading Loss|Cronache dal Bosco che Laura Pugno (vincitrice dell’Italian Council 2019 del Mibact, artista nata a Trivero Valdilana, ma attiva a Torino dove insegna allo Ied) ha allestito a Casa Zegna fino alla fine di ottobre 2021, parla di tutto questo e di molto altro. 


L'artista Laura Pugno. La foto grande e le immagini della gallery sono di Paolo Cagliero
L'artista Laura Pugno. La foto grande e le immagini della gallery sono di Paolo Cagliero

Laura Pugno, il titolo del suo lavoro, ‘Fading Loss’, merita una spiegazione, perché è già di per sé motivo di una riflessione ambientale.
“Letteralmente significa ‘perdita in dissolvenza’. In questo caso di un paesaggio. Non ce ne stiamo accorgendo, perché si tratta di cambiamenti morbidi, quasi impercettibili, ma è ciò che sta avvenendo in questo bosco che ho preso in esame all’Oasi Zegna. E il processo sarebbe stato irreversibile senza Fondazione Zegna che ha avviato un progetto lungimirante come Zegna Forest, proprio per mettere in sicurezza il proprio patrimonio boschivo”. 

Lei è nata a Trivero Valdilana. Però ha affermato che ‘Fading Loss’ le ha consentito di guardare questi boschi con occhi nuovi. 
 
“E’ vero. Prima non sapevo del bostrico, non conoscevo questo coleottero che porta gli abeti rossi alla morte. Ho dovuto guardare il mio territorio tenendo presenti queste nuove informazioni. Si dice spesso che noi vediamo quello che sappiamo".  

Ci fa un esempio?
 
“Ho sempre pensato che l’oscurità nei boschi fosse un fatto normale. Ma non è così. All’epoca della prima piantumazione, quella di Ermenegildo Zegna, furono scelti alberi della stessa età. Ma in natura il bosco è disomogeneo, ha punti di luce e di ombra, di vuoto e di pieno. Questo mi ha fatto riflettere sul fatto che il paesaggio (concetto diverso da natura) è una costruzione sociale. E’ la cultura che forma il nostro modo di osservare e di intervenire. Pensiamo solo a quanto sono diversi i canoni tra Oriente e Occidente”. 

Qual è stata la scintilla da cui è nato questo progetto? 
“Fino a qualche tempo fa frequentavo di più le terre alte dell’Oasi Zegna. Superavo la fascia degli abeti rossi. Poi sono ritornata nei sentieri più bassi con un andare più lento, mi sono fermata e ho incontrato rami mangiati, alberi senza corteccia. E questo ha cambiato il mio modo di vedere il bosco. 

Com’è avvenuto il contatto con Fondazione Zegna?
“Mi hanno contattato sapendo che lavoro molto sulla percezione visiva del paesaggio. Mi hanno proposto di indagare con un nuovo sguardo questo luogo, a me caro. Non sapevo quello che stava accadendo. Ci sono tornata più volte, forte delle informazioni raccolte grazie ai loro esperti. Ho appreso dell’esistenza del bostrico e ho capito che è un parassita secondario, vale a dire che non è il principale responsabile di quello che avviene nel bosco. Ciò che ha rotto l’equilibrio è il rapporto disarmonico tra l’uomo e la natura, la crisi climatica, l’innalzamento delle temperature che favorisce il riprodursi di questo coleottero. Questo mette in crisi gli alberi e li rende vulnerabili”. 

Spieghiamo a chi vuole venire a visitare l’allestimento a Casa Zegna quali sono i nuclei tematici di Fading Loss.
 
Il primo lavoro che si incontra è un’enorme tela su cui ho ripercorso i tracciati del bostrico, ho messo in scena i suoi movimenti, le ferite che lascia sui tronchi, anche con l’aiuto di una traccia sonora realizzata con Magda Drozd. 
Nel secondo nucleo ho creato un’installazione che mette in dialogo il legno come manufatto umano e il legno come materiale naturale per sottolineare l’equilibrio tra uomo e natura che oggi è messo in discussione. 
Poi si entra nell’installazione e ci si trova davanti una parete di felci che ospita ‘Last Image’, fotografie realizzate con la tecnica del foro stenopeico che mostrano, appunto, l’ultima immagine vista dall’albero morente che ho voluto personificare per averne un ricordo, il suo punto di vista.  
L’ultimo lavoro è realizzato con i carboncini. Apparentemente sono classici disegni di paesaggio. In realtà il vero soggetto è quello che si vede solo avvicinandosi: grafici scientifici che mostrano gli effetti del cambiamento climatico. I carboncini sono fatti con rami di potatura di alberi dell’Oasi Zegna. Ho usato tutte le qualità di legno del territorio per ottenere un insieme corale di tonalità che attira lo spettatore e lo conduce all’osservazione dei dati. E a questo riguardo, mi piace sottolineare che il cambiamento climatico è un processo naturale. Quello che è destabilizzante per noi è il grado di accelerazione impressa dall’uomo”.
Le foto sono di Paolo Cagliero

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